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Introduzione

Il seguente elaborato si propone di presentare il teorema dell’opzione fondamentale [Opzione Fondamentale  OF] provando a verificare la categoria dell’OF attraverso una indagine in manuali e dizionari di teologia morale in cui è stata maggiormente approfondita partendo dal “libero arbitrio” dell’uomo argomentato dallo stesso San Tommaso. 

 San Tommaso ed il libero arbitrio

Tommaso D’Aquino nacque nel 1225 e fu un frate domenicano. Fu il maggior esponente della filosofia cristiana del Medioevo e di quella  che sara’ ricordata come “Scolastica”. Il nome scholasticus indicò l’insegnante delle arti liberali, cioè di quelle discipline grammatica, logica, dialettica e retorica che costituivano il trivio e il quadrivio (geometria, aritmetica, astronomia e musica). In seguito si chiamò scholasticus anche il docente di teologia e filosofia.

Il contesto storico in cui nasce Tommaso vedeva nella filosofia medioevale il problema del rapporto tra fede e ragione, dominata da tante polemiche in campo filosofico.

Questo dibattito pone il problema del rapporto fra pensiero, linguaggio e realtà: i concetti e i termini con cui li esprimiamo e se questi sono in grado di rispecchiare l’essere e la struttura della realtà.

I problemi sorti nell’ambito della Scolastica sono ancora molto attuali, poiché ancora si parla della questione tra fede e ragione nei libri di teologia e filosofia dei nostri giorni.

 Il libero arbitrio

 Il punto di partenza fondamentale è l’affermazione della libertà nell’uomo nel suo primo significato di libero arbitrio.

Il fatto che l’uomo possieda il libero arbitrio, cioè possa fare una cosa o non farla (libertà di esercizio) oppure farne una piuttosto che un’altra (libertà di specificazione) è una realtà psicologicamente evidente e che, più che essere dimostrata, può essere soltanto mostrata. La si può illuminare sotto diverse prospettive, nessuna delle quali può però risultare cogente, anche in virtù, dello stesso libero arbitrio che, essendo una facoltà della volontà e della ragione, può dare o non dare l’assenso a questa affermazione, così come a qualsiasi altra.

Per San Tommaso tale affermazione è evidente, poiché altrimenti non avrebbe senso la fede, né tutta la moralità, e perderebbero significato “la deliberazione, l’esortazione, il precetto e la punizione, la lode e il biasimo” ed il negarla può essere solo dovuto a “protervia”, una forma di superbia intellettuale, oppure a ragionamenti sofistici.

A partire da qui San Tommaso dimostra che l’uomo è libero, adducendo vari argomenti, alcuni indiretti, altri diretti. Tra gli argomenti indiretti il più importante e quello delle gravi assurdità a cui va incontro chi nega il libero arbitrio: Infatti se ci si muove all’azione necessariamente, si sopprime la deliberazione, l’esortazione, il comando, la lode, il biasimo, che sono le cose per le quali esiste la filosofia morale

Significa che il libero arbitrio una una potenzialità della ragione e della volontà: la volontà muove liberamente, cioè senza necessità, sé stessa e l’intelletto, e l’intelletto muove liberamente la volontà. Questa affermazione si pone nel solco della discussione tra fede e ragione. Si parla di scelta tra bene e male per l’uomo.

Il libero arbitrio è una grande prerogativa per l’essere umano. Tuttavia qualche dubbio sorge (il dubbio non è mancanza di fede, anche S. Agostino dubitava) la scelta tra bene e male, cosa che ci dà modo di indagare su questo fondamentale argomento. Il fatto che l’uomo possa scegliere il male indica certamente la sua libertà, perché il male Dio non lo può fare, per cui se l’uomo non fosse libero rispetto a Dio, l’uomo il male non lo potrebbe fare. Invece lo fa. ”’Dunque l’uomo è libero”’.

Libero arbitrio e primato della grazia

Un libero arbitrio così limitato ha dunque bisogno della ”’grazia”’, come Agostino aveva dimostrato ricorrendo all’esempio dei monaci stessi suoi destinatari: la scelta della castità è, allo stesso tempo, un libero atto di volontà e una grazia divina.

La dottrina della grazia ricevette il suo primo grande approfondimento per opera di Agostino, durante l’aspra polemica contro i donatisti e i pelagiani. Il Dottore di Ippona sottolinea l’assoluta gratuità della grazia: nella natura non esiste nessuna predisposizione, nessuna preparazione, nessuna esigenza e quindi nessun merito nei confronti della grazia. Egli definisce la grazia come ””’adiutorium bene agendi adiunctum naturae””’ (un aiuto a operare il bene aggiunto alla natura), un aiuto interiore, che generalmente egli identifica con la caritas.

La grande Scolastica (dei secoli XII e XIII) e quindi San Tommaso, che comincia a fare ampio uso del linguaggio della metafisica aristotelica chiedendosi quale sia il concetto ontologico più idoneo per designare e definire la grazia ed in che rapporto si trova con lo Spirito Santo. Ci si chiede se senza la grazia c’è ancora qualche cosa di buono che l’uomo può fare.

Da ciò deriva che colui che agisce rettamente è stimolato inevitabilmente dal suo libero arbitrio e dalla grazia di Dio: «Non è sufficiente l’arbitrio della volontà umana, a meno che la vittoria non sia concessa dal Signore a chi prega per non entrare in tentazione».

Il mistero della Grazia

Il mistero della Grazia è prima di tutto il mistero dell’umanità di Gesù Cristo, nella cui umanità siamo diventate persone, figlie di Dio, giuste, liberate dal peccato, costituite nella possibilità di vivere in sintonia con il disegno del Padre che ci ha creati per Sé, perché diventati noi stessi, nella relazione con lo Spirito cooperiamo perché la creazione tutta sia in Dio.

Uno è il fine ultimo non solo dell’umanità ma della creazione. Nella pienezza del tempo la nostra creaturalità è stata resa filiale e il fine della creazione è stato pienamente svelato.

Tommaso vede la Grazia in una tessitura universale sostenendo che le creature che corrispondono alla loro identità creaturale si aprono nello Spirito Spirito Santo per vie misteriose, che Egli soltanto conosce, conduce tutti alla Pasqua del Cristo, la pienezza della creazione al disegno di Dio. Tutte le persone, a qualunque tempo siano appartenute, se sono vissute nella rettitudine, sono vissute in Cristo, partecipi della stessa Grazia del Cristo.

In continuità con la tradizione antica, considera lo spirito creato libero, cioè dotato d’una libertà morale e perciò «peccabile», ma nello stesso tempo capace d’una bontà perfetta, rivolto verso il suo creatore a cui aderisce tutto intero perché è creato a Sua immagine. Grazie al dono della libertà e alla tendenza verso la «perfezione» e a causa della realtà del peccato, quell’immagine di Dio si trova in una tensione già designata da alcuni Padri come un «passaggio dall’immagine alla rassomiglianza», dalla «dignità dell’immagine» alla «perfezione della rassomiglianza

La Grazia abilita a vivere in Cristo nello Spirito essere inseriti nella storia che lo Spirito rende amica. La pienezza finale è una per tutti e nessuno raggiunge la pienezza pienamente se non quando la raggiungono tutti. Abbiamo una pienezza già alla fine della nostra vita, al coronamento della nostra esistenza, ma solo nella pienezza finale, quando Cristo consegnerà il Regno al Padre, ogni realtà sarà pienamente inserita nella comunione delle altre, in Dio. Se ciascuno resta immerso nella realtà riconciliata in Gesù Cristo le operazioni che compie accrescono la piena unione nella vita di Dio.

San Tommaso racchiude le sue conclusioni sulla Grazia nel “I principi estrinseci delle azioni umane (I-II, 90-114)”.

Essi sostanzialmente sono due:

# Dio che ci istruisce con la legge e che ci aiuta con la grazia; e il demonio il quale ci turba con la tentazione (vedi I, 104).

# La grazia ha una propria una specifica posizione: 2°) della grazia (I-II, 109-114)

Disgraziatamente le sue conclusioni hanno subito vicissitudini singolari. E’ stato poco studiato e molto controverso, soprattutto nei periodi in cui la teologia più che illustrare il mistero è diventata controversista e ha conosciuto delle involuzioni da cui faticosamente ci si è liberato. L’intuizione di Tommaso è che gli atti umani sono atti di Grazia. La Grazia è dono che Dio mette in condizione di fare a lui, siamo “graziati”, perché abbiamo il potere di rendere grazie a Dio, di compiere le opere che Dio gradisce. Inabitata dalle persone divine, la persona umana, ha il potere di conoscere, amare, vivere in Cristo con il Padre. Siamo le creature che il Padre in Cristo ha “accordate” con il suo disegno salvifico, in modo che vivano in comunione amica con Lui.

Non si tratta solo di conoscerlo o amarlo, ma di riconoscerci creature introdotte in Cristo nella vita trinitaria ed hanno il potere di realizzare anch’esse le operazioni con le quali le persone divine si conoscono, si amano e sono in comunione. Di questa comunione siamo partecipi. Generati nella filiazione del Verbo, inabitati dallo Spirito che è l’amore, abbiamo dal Padre il potere di essere anche noi coloro che dal Verbo accolgono l’amore e che possono vivere in comunione di reciprocità.

 L’opzione fondamentale

È l’orientamento etico globale e fondamentale della libertà di una persona, la libertà è prima di tutto un’opzione: la possibilità di prendere una decisione, il libero arbitrio appunto. Questa opzione non riguarda temi di varia natura. su cui decidere in varie occasioni; si tratta anche e soprattutto della libertà di fare il bene in quanto tale e che realizza e verifica la persona, espressione del suo progetto di vita. Essendo questa una opzione che qualifica la libertà morale della persona questa diviene un’opzione fondamentale.

Il concetto, propriamente nella morale, è relativamente nuovo. Sono state le scienze antropologiche, filosofiche e teologiche ad introdurlo nel contesto di una particolare attenzione al soggetto umano che mostra il pensiero contemporaneo.

Questa attenzione antropologica sulla persona come soggetto morale necessita di un approfondimento sulla libertà costitutiva della persona stessa.

La persona più che un produttore di azioni è persona con un dinamismo di atti, persona in atto e dietro ogni particolare decisione c’è una pre decisione globale che muove assolutamente la volontà e l’atto stesso. Consciamente o inconsciamente, ogni uomo vive della sua opzione fondamentale, che è costituita dalla capacità di comprendere il bene e il male. La persona è “capace di Dio”, capace di amare il suo Creatore, costituito al di sopra di tutte le creature terrene. Di vivere nella libertà per la verità della vita, per il valore assoluto e quindi per Dio.

L’OF per il Cristiano coincide con l’opzione della fede e insieme con la carità e la speranza di vita in Cristo, è positivamente un’opzione che apre al dono e all’accoglienza.

L’OF intesa dal punto di vista della teologia morale cristiana, non è altro che il processo di fede vitale ed esistenziale per mezzo del quale avviene l’esperienza della grazia sull’orizzonte della quale ne assume il pieno senso.

La grazia dell’opzione cristiana si rivela quando Dio offre all’uomo il vero contenuto della sua realizzazione, e quando l’uomo decide liberamente di avvalersi di questo ambito di riferimento, allora ecco che avviene la Grazia.

Questa offerta di Dio è una risposta positiva se la persona si apre agli altri (all’altro), quell’OF per Cristo non si verifica in astratto ma in concreto, accade solo nella misura in cui la persona compie un’OF per l’altro, cioè per l’amore inteso in termini Cristiani. D’altra parte, “è anche possibile agire l’OF opposta: che consiste in una opzione non per l’altro, con una conseguente chiusura in sé stessi, un egoismo come progetto di vita e come decisione esistenziale”. Questa diventerebbe un’opzione negativa, che in termini cristiani è peccato, “il peccato, nel senso proprio, è l’opzione negativo fondamentale, l’auto-agire trascendentale della persona che rifiuta Dio”.

Gli atti morali sono l’espressione e la verifica dell’OF e di atteggiamenti. Per loro stessa condizione, gli atti sono diversificati, parziali e singolari e difficilmente esprimono l’intera decisione morale della persona.

Assumendo il principio prima esposto l’OF si identifica chiaramente con la carità, perché essendo essa una decisione fondante del cristiano non può che essere l’orientamento totale verso Dio che si esprime nella decisione di vivere in continua relazione d’amore con Dio.

La tesi della teologia classica che affermava essere «la carità forma di tutte le virtù» e quella più recente del «primato della carità in teologia morale», possono avere una versione più personalista nella formula: l’OF cristiana può essere definita come la decisione fondante dell’esistenza cristiana e che i comportamenti o le decisioni categoriali o regionali non sono altro che sue mediazioni.

Come categoria della fede, l’OF non è altro che la radicale accettazione di Cristo come colui che è indica il fondamento della comprensione e della realizzazione di ogni uomo e donna.

Oltre alle categorie teologiche di carità e fede, ci sono molte altre forme che spiegano al cristiano il significato dell’opzione fondamentale.

Nel NT si trovano espressioni che sono valide per indicarne il significato e promuoverne la pedagogia. Esse possono essere riassunte nelle forme espressive seguenti:

* Identificazione con l’agire di Cristo: «Se il grano di frumento non cade in terra e muore, resterà solo: ma se muore porterà molto frutto» ( Gv 12,24).

* Accettazione delle «condizioni della sequela di Cristo».

* Scelta radicale tra Dio e il denaro.

* «Vendendo tutto» pur di poter ottenere la perla trovata o poter seguire Cristo. E’ connaturale nell’OF l’esigenza di un cambiamento radicale nel modo di intendere e di realizzare la propria esistenza. Secondo il Vangelo vuol dire perdere la propria vita per dedicarla agli altri, come verifica concreta dell’apertura a Dio e a Cristo.

Conclusione

Il libero arbitrio dell’uomo permane non come bene neutro ma come grazia di Cristo. Poiché, nella condizione di peccato in cui si trova, l’uomo per sé stesso non ne potrebbe mai uscire.

Se il libero arbitrio non fosse grazia di Dio si potrebbe arrivare al paradosso contraddittorio di qualcuno che è pentito e non è perdonato. Nello stesso modo se la persona è capace di pentimento è perché possiede il dono della libertà del peccatore che è dono della grazia che può rivolgersi a Dio.

L’essere pentito è già un essere perdonato ed è possibile solo per il dono di Grazia.

La nascita, morte e resurrezione di Cristo libera la volontà schiava del peccatore donandogli una volontà libera per la grazia. Si può concludere sostenendo che non esistono atti indifferenti, neutri (cioè buoni sul piano naturale).

Qualsiasi atto libero buono dell’uomo è grazia perché frutto della libertà raggiunta di scegliere ottenuto per grazia. La stessa onestà o bontà dell’uomo non può considerarsi esclusivamente naturale senza la Grazia.